APPELLO AI MOVIMENTI, LAVORATORI, PENSIONATI, STUDENTI, DISOCCUPATI PRECARI E A QUANTI SUBISCONO LA CRISI E VOGLIONO REAGIRE: ASSEMBLEA NAZIONALE A MILANO IL 23 SETTEMBRE PER COSTRUIRE LO SCIOPERO GENERALE!

Cub, SGB, SI Cobas, Usi-AIT, Slai Cobas hanno indetto lo sciopero generale per il 27 ottobre per contrastare e respingere l’attacco portato dal governo e dai padroni contro i lavoratori, i ceti popolari e i pensionati e per :

– Abolire le disuguaglianze salariali, sociali, economiche, di genere e quelle nei confronti degli immigrati.
– Forti aumenti salariali, riduzione generalizzata dell’orario di lavoro e investimenti pubblici per ambiente e territorio.
– Pensione a 60 anni o con 35 anni di contributi. Abolire la legge Fornero
– Fermare le privatizzazioni e le liberalizzazioni.
– Garantire il diritto universale alla salute, all’abitare, alla scuola, alla mobilità pubblica e tutele reali di reddito per i disoccupati.
– Difendere il diritto di sciopero con l’abolizione delle leggi che lo vincolano.
– Rigettare l’accordo truffa del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza.
– Contrastare ogni tipo di guerra e le spese militari.

Il nostro è un mondo di disuguaglianze che continuano a crescere. Lo stiamo vivendo sulla nostra pelle e diventano ogni giorno meno sostenibili e mettono ormai in discussione lo stesso diritto all’alimentazione, alla salute, alla casa ecc.
La ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale è diminuita dal 2010 al 2015 di mille miliardi di dollari. La metà più povera ha perso ben il 38% .

Dov’è finita quella ricchezza? La metà (500 miliardi di dollari) è passata nelle tasche dei 62 più ricchi al mondo (53 uomini e 9 donne) che detengono una ricchezza totale di 1.700 miliardi di dollari (quanto il pil italiano), cresce la polarizzazione della distribuzione dei redditi e la sofferenza sociale.
L’aumento delle disuguaglianze è il prodotto della divisione della società in classi, tra sfruttatori e sfruttati. I padroni usano la crisi per ricattare i lavoratori e attaccare le conquiste ottenute in anni di lotta e rilanciare i profitti.

Le politiche liberiste, e le delocalizzazione verso i paesi a basso costo sono un aspetto di questo attacco: o rinunciare alle conquiste o perdere il lavoro. Solo la ripresa della lotta di classe può difendere le condizioni di lavoro e il salario e invertire la tendenza contro questo sistema.
In Italia i dati sono ancora più pesanti, il tasso di disoccupazione è dell’11,3% quella giovanile è al 21% con punte al Sud del 56,3% e la povertà assoluta tocca oltre 5 milione di persone.

Per questa battaglia non partiamo da zero.

Lo sciopero del 16 giugno indetto da Cub, Sgb, Si Cobas, Usi-ait, Slai Cobas e, a livello locale da organismi di base, per l’intero comparto del trasporto pubblico e privato contro le privatizzazioni in unità con i lavoratori del settore della logistica, dove il trasporto delle merci utilizza in forma massiccia il supersfruttamento della manodopera immigrata, è stato un grande successo per la importante risposta data dalle singole organizzazioni.

Un fatto ancor più significativo è rappresentato dall’adesione di tanti altri lavoratori che, aldilà dell’appartenenza sindacale, hanno colto l’occasione dello sciopero per manifestare il proprio malessere e il proprio dissenso verso le politiche economiche e sociali del governo.

La massiccia adesione ha dato fastidio a chi Governa, ai poteri forti e ai sindacati compiacenti, che invece di cogliere il malessere sociale montante, pensano di limitare ulteriormente il diritto di sciopero già pesantemente messo in discussione nel pubblico impiego e nei servizi pubblici in genere.

L’urgenza della mobilitazione è resa ancora più evidente dalla nascita in questi anni di grandi movimenti di lotta in tutto il mondo per il salario per i diritti e per la libertà.
Ciò ci conferma che esiste una diffusa disponibilità a lottare per cambiare questo modello di società che succhia profitti dal lavoro e favorisce la creazione di soldi tramite soldi senza neanche passare dalla produzione di merci. Disponibilità non raccolta, anzi soffocata e tradita da chi, da tempo, ha abbandonato la difesa dei lavoratori e delle classi popolari.
Ciò ci porta a lanciare ed organizzare nel paese un vero sciopero generale in autunno su precisi obiettivi che segnino una svolta nel conflitto contro le politiche imposte ai lavoratori e ai ceti popolari e contro un uso crescente di strumenti repressivi.
Uno sciopero che non sia dei soli proponenti ma che coinvolga nuovi soggetti singoli e collettivi che condividano l’analisi e le proposte e disponibili eventualmente ad arricchirle con proprie indicazioni.

Noi lavoriamo per costruire una nuova stagione di lotta e mobilitazione che coinvolga tutti i lavoratori, le lavoratrici, i ceti più poveri della popolazione, quanti sono impegnati nel conflitto sociale, per rivendicare l’uguaglianza e la libertà come diritti universali, per cambiare questa società e per esprimere tutto il nostro dissenso verso le politiche borghesi.

A questo scopo si propone un’Assemblea Nazionale per il 23 Settembre aperta a tutti per discutere l’iniziativa, gli obiettivi e l’avvio della discussione in tutti i territori per la costruzione e la realizzazione dello sciopero generale.

2° CONGRESSO NAZIONALE USI – EDUCAZIONE

2° Congresso USI-AIT Educazione
Il 15 luglio ’17, presso la sede Nazionale dell’Unione Sindacale Italiana – AIT a MODENA in via del Tirassegno n°7, USI-EDUCAZIONE (sindacato del settore educativo, scolastico e sociale interno all’USI-AIT) terrà il suo 2° CONGRESSO NAZIONALE (dopo quello fondativo del 21/12/14 a MILANO).

 

I lavori inizieranno alle 10:00 e termineranno indicativamente
intorno alle 18:00 (prevista pausa-pranzo 13:00/15:00).

Possibilità di pernottamento in loco [USI-Modena / Spazio Sociale LIBERA].

OdG in via di definizione.

Docenti, educatrici, educatori uniti per dare dignità al lavoro educativo, scolastico, sociale!

RemiliaPride – documento, foto e report

La Federazione Anarchica Reggiana e l’Unione Sindacale Italiana – Sezione di Reggio Emilia, come preannunciato, hanno partecipato al RemiliaPride, scendendo in piazza con i propri contenuti, esplicati nel volantino qua riportato e nella versione estesa presente sotto. I compagni e le compagne libertarie reggiani si sono trovati in circa una trentina dietro le bandiere rosso nere dell’Unione e della Federazione. È stato effettuato un intenso volantinaggio e la vendita militante della stampa anarchica.

Al termine della manifestazione si è tenuta la cena anticlericale presso il Circolo Berneri con un menù a base di strozzapreti, monache arrosto e chierici in umido e altri cibi vietati da tutte le religioni mondiali, il tutto innaffiato da lambrusco e sauvignon cabernet.

 

di seguito la versione estesa del volantino:

Né dio né stato

Orgogliosamente anticlericali

Come Federazione Anarchica Reggiana e USI Reggio Emilia abbiamo deciso di partecipare con i nostri contenuti al Remilia Pride, pur non aderendo formalmente alla manifestazione, in quanto riteniamo estremamente importante ribadire la necessità dell’emancipazione, individuale e collettiva, dal sessismo e dall’omo-transfobia, piaghe sociali di diretta matrice religiosa.

Viviamo in un’epoca in cui le religioni, pur in una generale crisi data dalla secolarizzazione della società, tentano di riconquistare terreno imponendo al dibattito pubblico i loro deliri retrogradi e reazionari. Lo vediamo nel mondo mediorientale dove l’islamismo militante ha preso nuovo impulso per reazione ai movimenti sociali delle Primavere Arabe. Lo vediamo in Europa e negli Stati Uniti dove i movimenti reazionari, clericofascisti e religiosi, anche non necessariamente collegati alle religioni organizzate tradizionali, reclamano ulteriore spazio per portare avanti il ciarpame creazionista e le loro posizioni liberticide su tutte le maggiori questioni etiche.

Riguardo le tematiche LGBTQ, la posizione della chiesa cattolica è ben chiara, anche se con diverse sfumature “applicative”. L’omosessualità è comunque un peccato. Recentemente un esponente della chiesa reggiana ha affermato che “dio accoglie sempre l’uomo che cade”. Il peccato va biasimato, il peccatore accolto e perdonato. Purché si penta, è sottinteso. Il perdono deve sempre essere preceduto dal pentimento nella chiesa cattolica. Ma in cosa è caduta, di cosa si dovrebbe pentire una persona LGBTQ? Di vivere la propria vita affettiva e sessuale seguendo liberamente la propria natura? Di amare in modo ritenuto peccaminoso dalle gerarchie religiose? Questo modo di agire è connaturato con l’essenza stessa della religione: la chiesa (tutte le chiese, anche se in questo caso stiamo parlando della chiesa cattolica) pretende da sempre di controllare ogni aspetto delle vite di tutte le persone. Di tutte, non solo di quelle che ne fanno parte per libera scelta. Anche e soprattutto di chi non ne condivide la fede, i precetti e i valori, di chi vuole vivere e pensare liberamente. Non stiamo dicendo niente di nuovo, fiumi d’inchiostro sono stati versati per scrivere dell’invadenza clericale nelle nostre vite, della presenza opprimente e pervasiva della religione nella politica, dell’influenza sulle leggi e sull’educazione, sulla pretesa dei religiosi di ergersi a guide morali e spirituali universali.

Considerare un peccato l’omosessualità e biasimarla in sé stessa è il segno di un’arroganza senza limiti che continua in omnia saecula saeculorum. E se in occidente i roghi sono spenti da qualche secolo, in tanti paesi del mondo le persone LGBTQ sono incarcerate, seviziate e uccise in base a disposizioni religiose. Come nell’occidente medioevale, a volte è il braccio secolare -lo stato- che si incarica materialmente dell’esecuzione della pena, altre volte è la massa dei credenti che lapida i “peccatori”. Come purtroppo vediamo ogni giorno, in occidente l’odio verso le persone LGBTQ si esprime in tanti modi, dal negar loro diritti che gli altri cittadini hanno garantiti, al disprezzo, al bullismo, alle aggressioni fino all’omicidio. Il tutto alimentato dalla concezione religiosa che la persona LGBTQ è una persona di seconda categoria perché vive nel peccato. La differenza è solo di grado, la sostanza è la stessa. Là ti ammazzano o finisci in galera, qui ti devi pentire. Pentire di essere quello che sei. Ancora, purtroppo, niente di particolarmente nuovo. Ed è questo il punto. La posizione dottrinaria della chiesa è sempre la stessa, solo che il suo atteggiamento pratico è cambiato adeguandosi “ai tempi” e alla “percezione della fede” che hanno i credenti. Come ribadito più volte dagli esponenti della curia reggiana, il catechismo cattolico è chiaro. Gli atti di omosessualità sono “intrinsecamente disordinati”. La chiesa deve tenere un atteggiamento di accoglienza e non discriminazione ma, secondo le parole del vescovo di Reggio e Guastalla, è necessario fare chiarezza riguardo il bene e il male. Il bene è amare nei tempi, nei modi e con i fini stabiliti da loro, il male è qualunque cosa al di fuori. Da rimarcare che tutto ciò è direttamente derivato da usi e costumi di una tribù di pastori mediorientali dell’età del bronzo, codificati in una collezione di testi risalenti a periodi diversi, originariamente scritti in ebraico e aramaico, poi tradotti in greco e in latino e infine nelle lingue volgari di tutta Europa. Testi che presentano molteplici versioni, antiche e moderne, con pesanti contraddizioni e discordanze interne. Tanto per rimanere sul tema del disordine. Tanto per ricordare che quella che la chiesa spaccia per volontà divina è in realtà una ferrea volontà di controllo della vita delle persone da parte della chiesa stessa, di una gerarchia sacerdotale che oggi trova più conveniente perdonare le persone omosessuali invece di minacciarle con l’anacronistica pioggia di fuoco di dantesca memoria. Vedremo cosa succederà se il prossimo pontefice avrà una mentalità più tradizionalista e meno propensa all’accoglienza e al perdono di questo gesuita che incarna il volto comprensivo e benevolo della chiesa.

Lasciando da parte le persecuzioni nazifasciste, orientate a punire l’omosessualità perché contraria alle politiche di riproduzione della razza, la discriminazione subita da chiunque non segua il rassicurante sentiero della “normalità” è oggi, come scrivevamo all’inizio, di diretta derivazione religiosa, attraverso l’ingerenza clericale nella legislazione strettamente unita al mantenimento dello stigma verso le diversità. I Paesi dove ci sono meno discriminazioni di genere e sulla base dell’orientamento sessuale sono quelli dove l’influenza religiosa sulle leggi e soprattutto sulle coscienze delle persone è meno forte, e questo non è un caso.

Vorremmo spendere alcune parole anche su un tema presentato come primario in questo periodo, quello del matrimonio e delle unioni civili. Come anarchici e libertari crediamo che la libertà individuale delle persone LGBTQ non passi dalla concessione statale di un quasi-matrimonio comprensivo di quasi-diritti e quasi-doveri.

La società in cui viviamo è fondata strutturalmente sull’oppressione di genere e sull’esclusione di chi non si conforma ai dettami della famiglia tradizionali: donne libere, transessuali, omosessuali e queer. È un’esclusione che ha la propria genealogia nella mentalità religiosa e negli albori del capitalismo stesso, quando, nel corso della sua fase di accumulazione originaria si gettarono le basi della normazione da parte dello stato della sfera dell’intimo con lo scopo di dirigere il lavoro riproduttivo. Negli ultimi anni in occidente abbiamo assistito, grazie alle significative lotte femministe che si sono sviluppate durante tutto il novecento, alla nascita di una maggiore sensibilità verso queste tematiche e al riconoscimento, spesso solo giuridico, della parità tra i sessi. Riconoscimento che come in altri campi, per esempio il lavoro, ha solamente preso atto dell’evoluzione della società scaturita dalle lotte. Anche nell’ambito delle questioni dell’omosessualità e della transessualità abbiamo potuto vedere alcuni miglioramenti che, essendo comunque compresi all’interno di un paradigma sociale fondato sugli schemi della famiglia tradizionale – come le unioni civili – sono passi sicuramente importanti ma pur sempre parziali. Non riusciamo a vedere come una libertà qualsiasi debba essere subordinato a un istituto legale. Le libertà, per essere tali, devono essere individuali e non condizionati alla stipula di un contratto davanti a un ufficiale di stato civile. Non a caso Errico Malatesta parlava di famiglia come risultato della “pratica dell’amore, libero da ogni vincolo legale, da ogni oppressione economica o fisica, da ogni pregiudizio religioso.”

La strada da percorrere è ancora lunga e interseca necessariamente le questioni di classe così come i percorsi antirazzisti. Solamente dalla lotta potranno scaturire cambiamenti veri. Non è un caso, infatti, che i gay pride nascano non dalla rivendicazione di diritti astratti ma dalla rivolta di Stonewall, nel giugno del 1969, quando la comunità gay e transessuale di New York si rivoltò davanti alle ripetute angherie poliziesche. Solamente la lotta e non la concessione di qualche diritto monco da parte del politico di turno potrà portare all’affermarsi di una società veramente libera che si sappia scrollare dalle spalle secoli di oppressione.

Federazione Anarchica Reggiana

Unione Sindacale Italiana – Sezione di Reggio Emilia

Via don Minzoni 1/d – Reggio Emilia

federazioneanarchicareggiana.noblogs.org /// fa_re@inventati.org

usireggioemilia.noblogs.org /// usi-reggioemilia@inventati.org

Né dio né stato – Orgogliosamente anticlericali – Spezzone rosso-nero al REmila Pride

Viviamo in un’epoca in cui le religioni, pur in una generale crisi data dalla secolarizzazione della società, tentano di riconquistare terreno imponendo al dibattito pubblico i loro deliri retrogradi e reazionari. Lo vediamo nel mondo mediorientale dove l’islamismo militante ha preso nuovo impulso per reazione ai sommovimenti sociali delle Primavere Arabe, lo vediamo in Europa e negli Stati Uniti dove i movimenti reazionari, clericofascisti e religiosi, anche non necessariamente collegati alle religioni organizzate tradizionali, reclamano ulteriore spazio per portare avanti il ciarpame creazionista e le loro posizioni liberticide su tutte le maggiori questioni etiche.

Come anarchici e libertari crediamo che la libertà individuale delle persone LGBTQ non passi dalla concessione statale di un quasi-matrimonio comprensivo di quasi-diritti e quasi-doveri. Crediamo invece che sia necessario combattere per eliminare l’ingerenza clericale nelle questioni etiche ma soprattutto estirpare dalla società la mentalità religiosa, di qualsiasi matrice, che permette e alimenta questa ingerenza e che permette e alimenta la discriminazione e l’oppressione delle persone LGBTQ.

La Federazione Anarchica Reggiana e l’Unione Sindacale Italiana – Sezione di Reggio Emilia invitano pertanto tutti i liberi pensatori a partecipare allo spezzone rosso-nero al RemiliaPride di sabato 3 giugno 2017, con concentramento alle ore 14.00 in via 4 Novembre (stazione FS).

Inoltre il Circolo Anarchico Berneri, in via don Minzoni 1/d (laterale di via Farini), sarà aperto dalle 10.30 del mattino di sabato e alle 12.30 ospiteremo un rinfresco. Alle ore 20.00 invece faremo una cena anticlericale con cibi vietati da tutte le religioni mondiali.

Federazione Anarchica Reggiana – FAI

Unione Sindacale Italiana – Sezione di Reggio Emilia

via don Minzoni 1/d Reggio Emilia /// 348 540 98 47 /// federazioneanarchicareggiana.noblogs.org /// usireggioemilia.noblogs.org

1 MAGGIO ANARCOSINDACALISTA

1 MAGGIO ANARCOSINDACALISTA

Ormai da tempo il 1 maggio è considerato solo un giorno di festa, un giorno in cui allungare il week end, una scadenza celebrativa da calendario. Questa giornata però ha tutt’altro significato e tutt’altra origine: in questa giornata tradizionalmente la classe lavoratrice ricorda il grande sacrificio dei 5 anarchici di Chicago impiccati l’11 novembre 1887 in quanto organizzatori della lotta per la riduzione dell’orario di lavoro a 8 ore a parità di salario. In loro memoria le organizzazioni sindacali di tutto il mondo designarono la giornata del 1° Maggio per le manifestazioni dei lavoratori a livello globale.

Proprio per questo l’Unione Sindacale Italiana ha proclamato sciopero generale per il 1° maggio, uno sciopero che vuole essere di più che uno sciopero celebrativo ma che vuole riportare questa giornata nel calendario della lotta, in un periodo in cui il lavoro festivo diviene praticamente obbligatorio in molti settori. Una lotta dei lavoratori che ha bisogno sempre più di una sferzata anticapitalistica, assembleare e solidaristica contro le logiche burocratiche e concertative di stato della triade CIGL-CISL-UIL. Un inversione di tendenza che deve passare per ogni posto di lavoro e che con coerenza riconquisti gli strumenti conflittuali dello sciopero, dell’azione diretta e del mutuo appoggio senza burocrati e faccendieri di sorta.

L’esigenza di questo passaggio la vediamo ogni giorno, dal diffuso precariato sul posto di lavoro che, in particolare nel terzo settore, costringe sempre più giovani a condurre una vita precaria, senza la speranza di poter costruirsi una vita autonoma. Inoltre nelle discriminazioni sociali basate sulla colore della pelle che ancora oggi costringono i migranti a a accettare le peggiori condizioni di lavoro essendo sottoposti al ricatto del legame permesso di soggiorno-lavoro o sequestrati dietro al filo spinato nei CIE-CPT di stato. E ancora dai venti di guerra che soffiano sempre più fort costringendoci ancora una volta, a ribadire la nostra avversione a tutte le guerre e a tutti gli eserciti. E infine alle discriminazioni di genere sui posti di lavoro come il gap salariale tra lavoratore e lavoratrice, la maternità non garantita, le molestie sessuali taciute per timore di perdere il posto di lavoro.

Invitiamo tutti e tutte quindi a scendere in piazza il 1 maggio per ricordare ancora una volta i Martiri di Chicago, oltre che per dare corpo a una manifestazione orizzontale, autogestita e indipendente.
L’USI unico sindacato autogestito e autorganizzato, gestito dai lavoratori in prima persona e indipendente da quadri politici e burocratici invita tutti e tutte a dare vita a processi di autorganizzazione all’insegna del sindacalismo di classe, autogestito e libertario.

Una delegazione della sezione dell’USI di Reggio Emilia parteciperà all’ormai tradizionale corteo del 1 Maggio a Parma con concentramento alle ore 10 in Piazzale S. D’Acquisto mentre per tutta la giornata del Primo Maggio (fino alle ore 18.00) sarà allestito un banchetto informativo in Piazza Prampolini a Reggio Emilia.

Unione Sindacale Italiana – Reggio Emilia
Via Don Minzoni 1/d – RE
usi-reggioemilia@inventati.org
FB: Unione Sindacale Italiana – Reggio Emilia

25 APRILE SEMPRE!

Il 25 aprile saremo a Massenzatico (RE) con un banchetto informativo con libri,giornali e riviste, nell’ambito della giornata 25 aprile SEMPRE! Passate a trovarci!

Riuscito lo sciopero generale dell 8 marzo

8 MARZO SCIOPERO GENERALE!
SE TOCCANO UNA TOCCANO TUTTE!

Riuscito lo sciopero generale dell’8 marzo, buona la partecipazione nelle scuole, nei trasporti e nei servizi con alcune significative partecipazioni dalle fabbriche. Questo a dimostrazione della grande importanza del tema dal punto di vista sociale, l’elemento centrale delle iniziative sul tema non poteva che essere lo sciopero generale per le implicazioni che ha nei posti di lavoro e nei rapporti di classe. Abbiamo ritenuto importante costruire la mobilitazione dell’8 marzo scendendo in piazza come lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti per la dignità e la libertà di tutte le donne del mondo, per l’opposizione alla violenza di genere in tutte le sue forme e per l’emancipazione completa di tutte e tutti. La mobilitazione si è svolta anche contro l’ingerenza clericale nelle scuole e nella società che sta bloccando i percorsi di educazione alla differenza, al rispetto dei generi e delle diversità. Su questi capisaldi l’Unione Sindacale Italiana ha promosso questo sciopero in piena sintonia con quanto emerso dall’assemblea nazionale di Bologna di Non una di Meno. In questo modo abbiamo costruito la mobilitazione in piazza Casotti che ha visto la partecipazione di lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse che hanno animato la mattinata con interventi, spettacoli musicali e teatrali e momenti conviviali. Come Unione Sindacale di Reggio Emilia riteniamo che le tematiche di questo 8 marzo siano la base su cui costruire le future lotte, in questo senso il fulcro della giornata non è stata la rivendicazione di diritti delegando la gestione della propria vita allo stato e alle istituzioni ma la volontà di mettere in discussione qui ed ora il processo di espropriazione dal lavoro produttivo con una lotta reale al di là di azioni parziali e simboliche.

Unione Sindacale Italiana – Reggio Emilia
Via Don Minzoni 1/d – RE
usi-reggioemilia@inventati.org
usireggioemilia.noblogs.org

8 marzo 2017 – Reggio Emilia – Manifestazione

Se toccano una toccano tutte

Per l’Otto Marzo l’Unione Sindacale Italiana, rispondendo all’appello del movimento “Non Una di Meno”, ha indetto lo sciopero generale. L’Otto Marzo è sempre stata una giornata di lotta che trova le sue radici negli scioperi di inizio Novecento quando le donne lottavano per la propria emancipazione, come lavoratrici e come donne.
Dopo un lungo percorso le lotte in tutto il ‘900 hanno portato al definitivo riconoscimento formale dei diritti femminili anche nei contesti più arretrati del mondo occidentale, ma ancora e’ lunga la strada da percorrere: basti vedere il gap salariale tra salario maschile e femminile, alla difficoltà ad accedere alla maternità, alle violenze e molestie sul posto di lavoro taciute per evitare di perdere il lavoro, alla difficoltà ad accedere all’IVG, ai continui tagli che hanno colpito consultori e centri anti violenza, alla violenza di genere, giustificata dalla cultura patriarcale in cui viviamo. Inoltre alle donne è delegato il lavoro della cura della prole a quella dell’ambiente domestico, non retribuito ma fondamentale, lavoro che se rifiutato fa incorrere in un forte stigma sociale.

Alla contraddizione dell’oppressione di genere la nostra società risponde categorizzando le donne come vittime da aiutare, nell’ottica paternalistica secondo cui la donna, oggetto di proprietà esclusivamente maschile, non sa né scegliere né difendersi da sola. Come lavoratrici e come lavoratori invece sappiamo che l’oppressione si combatte con efficacia solo tramite la mobilitazione diretta, con il diventare protagonisti della propria stessa vita.

Anche a Reggio Emilia riteniamo importante rilanciare la mobilitazione dell’Otto Marzo scendendo in piazza come lavoratori, lavoratrici, studentesse e studenti per la dignità di tutte le donne del mondo, per il rifiuto alla violenza di genere in tutte le sue forme e per una società libera, orizzontale e internazionalista.

L’appuntamento è l’8 marzo alle ore 10.00 in Piazza Casotti per una manifestazione che si concluderà con spettacoli e musica. Successivamente pranzo sociale al Circolo Berneri ( Via Don Minzoni 1/d) per poi continuare la giornata di lotta al corteo “Non Una di Meno” alle ore 17.30 in Piazza Prampolini.

Unione Sindacale Italiana – Sezione di Reggio Emilia

Via Don Minzoni 1/d – RE /// FB: Unione Sindacale Italiana – Reggio Emilia /// usireggioemilia.noblogs.org /// usi-reggioemilia@inventati.org /// 345 975 88 03

8 Marzo Sciopero globale, potenziare la lotta!

Un nostro contributo sull’importante giornata di lotta dell’8 marzo.

Come Unione Sindacale Italiana – Sezione di Reggio Emilia abbiamo prodotto un opuscolo sulle motivazioni che ci hanno portato ad aderire alla Sciopero Globale dell’8 Marzo e di riflessione sulla questione di genere nel contesto di una società basata sul profitto, sulla mercificazione e sui rapporti gerarchici in tutti gli ambiti di vita. Scaricalo qui.