RICORDANDO ENRICO ZAMBONINI

DOMENICA 5 GENNAIO 2020
Piazza del Comune, Villa Minozzo (RE)
RICORDANDO ENRICO ZAMBONINI
partigiano anarchico fucilato dai fascisti il 30 gennaio 1944 al poligono di tiro di Reggio Emilia

Il 5 gennaio 2020 alle ore 11 nella piazza del comune a Villa Minozzo (RE) ricorderemo Enrico Zambonini. Nato a Secchio di Villa Minozzo il 28 aprile 1893, anarchico e tenace antifascista si avvicinò all’anarchismo nel primo dopoguerra e con l’ascesa del fascismo fu esule in Francia e in Belgio. Militante della rivoluzione spagnola e poi partigiano sulle nostre montagne, il 30 gennaio 1944 venne fucilato al Poligono del Tiro di Reggio Emilia dalle squadracce fasciste.

Federazione Anarchica Reggiana – FAI
Unione Sindacale Italiana – CIT Sez. Reggio Emilia

“…Il 29 gennaio il Tribunale lo condannò alla pena capitale, da eseguirsi il giorno seguente, nove partigiani tra cui Zambonini. Tre erano disertori della GNR. La sentenza fu eseguita a San Prospero Strinati, il quartiere di Reggio Emilia dove era il Poligono di tiro. Zambonini, dopo aver rifiutato i conforti religiosi, mostrò il pugno chiuso urlando “Viva l’anarchia!”.

 

Di seguito la biografia di Enrico Zambonini:
Nasce a Secchio di Villa Minozzo (Re) il 28 aprile 1893 da Ferdinando e Virginia Comastri, meccanico, muratore e minatore. Il padre, conduttore di muli, è di orientamento radicale, una posizione non certo diffusa nei piccoli borghi dell’alto Appennino reggiano, dove prevalente è il ruolo della Chiesa. Pur aiutando il padre nel lavoro Z. frequenta fino alla 3a elementare, con buoni risultati. Nel 1906, quando ha appena 13 anni, come tanti altri abitanti della montagna prende la via dell’emigrazione: si trasferisce a Genova, in casa di uno zio paterno, il quale però quattro anni dopo s’imbarca per l’America. Rimasto solo, continua a vivere e lavorare a Genova e si avvicina al movimento socialista. Chiamato alle armi nel 1913, assegnato a un reggimento di artiglieria da montagna, è inviato in Libia dove il suo reparto è impegnato nelle azioni di repressione della guerriglia indigena. Durante il servizio militare – torna dalla Libia solo agli inizi del 1919 – si avvicina alle posizioni anarchiche, senza con ciò interrompere completamente i rapporti con i socialisti: lo dimostra il fatto che alla fine del 1919, quando è già rientrato in Italia ed è attivo militante nella CdL sindacalista di Sestri Ponente, partecipa all’assemblea costitutiva della sezione socialista di Villa Minozzo e sottoscrive una lira “pro automobile rossa”, cioè per l’acquisto di un’auto che doveva facilitare lo spostamento degli oratori socialisti nella montagna reggiana. Come detto, nel corso del 1919 è a Sestri Ponente. Oltre ad essere attivo nella CdL partecipa alla costituzione del sindacato minatori aderente all’USI. Rientra però varie volte nel suo paese natale, dove non manca di svolgere propaganda libertaria. È ricordata anche la sua partecipazione come attore a un Maggio, una forma di teatro popolare caratteristica dell’Appennino. In occasione di uno dei suoi rientri, nell’estate del 1922, mentre assiste alla rappresentazione di un Maggio a Gazzano è aggredito da un gruppo di fascisti, al grido di “A morte l’anarchia”. Riesce però a tener testa agli avversari e a rientrare a Secchio senza conseguenze. Decide però di partire subito e di espatriare clandestinamente in Francia. Inizialmente si stabilisce a Marsiglia, dove trova lavoro in una azienda di prodotti chimici e dove prende parte alla vita del movimento anarchico esiliato. Alla fine del 1923 si trasferisce a Saint Raphaël, occupandosi prima come meccanico e poi come direttore di una cooperativa edile. Nel 1928 è accusato ingiustamente di aver attentato alla vita di un agente consolare fascista. Nel corso della perquisizione del suo alloggio la polizia trova solo materiale di propaganda anarchica e al processo Z. è assolto da ogni accusa. Conclusasi positivamente questa vicenda, Z. ritiene però opportuno cambiare paese e si sposta a Liegi, in Belgio, dove trova lavoro prima come meccanico e poi come muratore. Anche qui è segnalato dalla polizia come attivo anarchico, tiene conferenze e partecipa a numerose riunioni. Nel 1932 si trasferisce in Spagna, a Barcellona. Nell’autunno 1934, mentre si trova con la sua compagna in Francia, è arrestato e condannato ad un mese di reclusione per infrazione al decreto di espulsione, ricevuto tempo prima. Scontata la pena, riparte per la Spagna. Al momento della sollevazione dei generali e dell’inizio della Guerra civile Z. è a Barcellona; partecipa dunque alla primissima fase di organizzazione della presenza armata antifascista in questo paese. È tra i primi aderenti alla Sezione Italiana della Colonna “Ascaso” FAI-CNT, con la quale partecipa ai combattimenti di Huesca e Almudévar. Nell’aprile 1937, quando la Colonna si scioglie per protesta contro la militarizzazione, rientra a Barcellona, dove trova impiego come meccanico presso il sindacato dell’alimentazione della CNT. Partecipa ai tragici scontri del maggio 1937 e mentre è impegnato nella difesa della sede del Sindacato dell’alimentazione rimane ferito al volto. Rimane comunque in città ed è tra i promotori di una colonia per gli orfani di guerra, che è effettivamente aperta il 7 novembre 1938 a Pins del Valles. Agli inizi del 1939 ripara in Francia, stabilendosi a Perpignano. Fermato dalla polizia francese è internato nel campo di Argelès-sur-Mer. Nel luglio 1941 è ricoverato in ospedale per i postumi delle ferite riportate nei fatti di maggio a Barcellona. Il 6 agosto 1942 è consegnato alla polizia italiana: trasferito a Reggio Emilia, è rinchiuso in carcere e poi condannato nel settembre 1942 a cinque anni di confino nell’isola di Ventotene. Come tanti altri anarchici alla caduta del fascismo non è liberato ma inviato nel campo di concentramento di Renicci di Anghiari (Ar). Durante il trasferimento, però, si rifiuta di proseguire il viaggio ed è allora rinchiuso nelle carceri di Arezzo. Viene liberato solo il 4 dicembre 1943 e può così tornare a Secchio. In questo periodo nell’Appennino reggiano sono in formazione alcune bande partigiane. Già sono saliti i fratelli Cervi con i loro compagni, e anche il Partito comunista sta cercando di dare vita ad un movimento clandestino. Z. entra in contatto con gli antifascisti della zona, che gli prospettano la proposta di assumere il comando del gruppo partigiano che si vuole costituire a Cervarolo. Ma cerca di riprendere i contatti anche con gli anarchici che in Emilia sono attivi nella lotta partigiana, e si incontra Emilio Canzi di Piacenza, Aladino Benetti di Modena e Attilio Diolaiti di Bologna. Il 21 gennaio 1944 i fascisti accerchiano la parrocchia di Tapignola, dove è a riposo una formazione partigiana. Nasce un conflitto a fuoco e i fascisti mentre si ritirano arrestano il parroco, Don Pasquino Borghi. Il giorno dopo arrestano pure Z. e lo trasferiscono in carcere a Reggio Emilia. Il 30 gennaio, dopo un processo sommario, quale rappresaglia per le ripetute eliminazioni di esponenti fascisti da parte dei gappisti, Z., don Borghi e altri sette esponenti socialisti e comunisti sono fucilati al Tiro a segno del capoluogo. Egli rifiuta i conforti religiosi e muore gridando “Viva l’anarchia”. Nella sentenza pubblicata sul «Solco fascista» del 1° febbraio 1944 si legge che i nove sono condannati alla pena di morte per concorso in omicidio di quattro fascisti e “per aver nel territorio della provincia di Reggio nell’Emilia, con decisi atteggiamenti, con parole, con atti idonei ad eccitare gli animi, alimentato l’atmosfera dell’anarchia e della ribellione e determinato gli autori materiali degli assassini a compiere i delitti allo scopo di sopprimere nelle persone dei Caduti i difensori dell’indipendenza e dell’unità della Patria”. In più, a Z. è contestato “di aver combattuto contro le truppe fasciste, nelle orde rosse in Ispagna”. Dopo la fucilazione, è seppellito nel cimitero di Villa Ospizio, dove sono i resti dei sette fratelli Cervi. Un distaccamento partigiano della montagna prenderà il suo nome, omaggio a una persona esemplare dal punto di vista della militanza antifascista. (C. Silingardi)
Fonti
Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

Bibliografia: L. Arbizzani, Antifascisti emiliani e romagnoli in Spagna e nella Resistenza, Milano, 1980, ad nomen; I. Rossi, La ripresa del movimento anarchico italiano e la propaganda orale dal 1943 al 1950, Pistoia 1981, ad indicem; P. Bianconi, Gli anarchici italiani nella lotta contro il fascismo, Pistoia 1988; F. Montanari, L’utopia in cammino (Anarchici a Reggio Emilia 1892-1945, Reggio Emilia 1993; A. Zambonelli, Vita battaglie e morte di Enrico Zambonini (1893-1944), Reggio Emilia [s.d.].

SCIOPERO GENERALE!

25 OTTOBRE 2019 SCIOPERO GENERALE!

organizzato da USI-CIT, CUB, SGB e SI COBAS

Per l’aumento dei salari

Per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario

Contro i contratti precari e per l’unificazione dei contratti di categoria

Per il risanamento e la difesa dell’ambiente

Per il ritiro delle missioni e delle spese militari

Contro il razzismo e il sessismo e la repressione delle lotte rivendicative

 

sciopero 25 ottobre

CIAO MAO!

Ciao Mao!
Serata per Franco Belloni.
Giovedì 3 ottobre alle Cucine del Popolo
Ore 20 cena con sbicchierata
Ore 21 Amici e amiche, compagni e compagne ricorderanno Franco con letture, spettacoli e performance libere

L’Unione Sindacale Italiana (USI-CIT) esprime la propria totale vicinanza e solidarietà agli studenti e a tutti coloro che scenderanno in piazza il prossimo venerdì 27 settembre, in occasione dello sciopero globale proclamato contro il riscaldamento del pianeta e le politiche economico-sociali che ne sono la causa, in difesa della biosfera e del diritto ad avere un futuro.
L’USI-CIT è consapevole che solo un mutamento radicale del sistema economico globale, delle sue politiche energetiche, di produzione e distribuzione dei beni primari e, in generale, degli stili di
vita attuali basati sullo spreco, sul superfluo e sullo sfruttamento sistematico di uomini, animali e territori potrà garantire la sopravvivenza nel medio periodo della biosfera e della stessa specie
umana.
Ogni parziale riforma, tendente a mantenere di fatto lo “status quo”, risulterebbe insufficiente e
servirebbe solamente a rimandare il momento dell’ecocatastrofe. Questa sarebbe la prospettiva di ogni politica economica che si ponesse solamente l’obiettivo di sostituire una parte dell’attuale “hard economy” con una parziale “green economy”, che risulterebbe funzionale solo a creare una nuova nicchia di profitto ma non a risolvere drasticamente il problema.
L’USI-CIT pertanto ritiene estremamente importante continuare senza tregua a mobilitarsi per il diritto ad avere un futuro, ed invita i propri militanti, tutti gli iscritti ed i simpatizzanti, a partecipare alle manifestazioni previste per venerdì 27 settembre.

FACCIAMOLA FINITA CON IL PRECARIATO!

FACCIAMOLA FINITA CON IL PRECARIATO!

La sezione reggiana dell’Unione Sindacale Italiana (Usi-Cit) esprime piena solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori delle scuole e dei nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia in lotta, per l’ennesima volta, per stabilizzare il proprio posto di lavoro. Infatti da anni l’amministrazione comunale, invece che per regolare concorso, preferisce assumere parte delle collaboratrici e dei collaboratori attraverso le cosiddette «chiamate sui presenti» del Centro per l’Impiego, destinando al precariato centinaia di lavoratori di un servizio così essenziale per la comunità reggiana. Anche quest’anno su un totale di più di 500 lavoratori delle scuole e dei nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia circa 150 persone saranno costrette al ricatto della precarietà e dell’incertezza.

Oltre a questo il Comune ha deciso di fare a meno della collaborazione di molti lavoratori impegnati nella propria mansione sino al luglio di quest’anno, in quanto in base alla normativa per partecipare alla «chiamate sui presenti» è necessario risultare disoccupati. Questi ultimi, nonostante le numerose richieste e l’incontro in Prefettura durante l’estate, non hanno ricevuto che rifiuti.

Nel settore dei nidi e delle scuole dell’infanzia, per cui la città di Reggio Emilia è conosciuta in tutto il mondo, l’Amministrazione scommette sul precariato e sui contratti a termine per una mera questione economica. Infatti non ha neppure accolto le richieste di stabilizzazione dei precari e delle precarie che hanno lavorato sino al luglio di quest’anno, con almeno 36 mesi di servizio, condannandoli a rimanere senza un impiego e quindi nella più completa incertezza del loro futuro, preferendo destinare alla dirigenza le risorse disponibili. Così decine e decine di lavoratrici e di lavoratori delle scuole e dei nidi d’infanzia del Comune, che hanno lavorato negli ultimi anni e negli ultimi mesi nelle nostre scuole, non potranno svolgere alcuna mansione per l’anno scolastico 2019/2020. La risposta a questa situazione, dopo numerosi mesi di agitazione, è stata lo sciopero del 2 settembre contro il precariato organizzato dal SGB di Reggio Emilia.
Invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza in solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici dei nidi e delle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia, a sostegno della loro lotta con forme di solidarietà concreta, autogestita e autorganizzata sino alla completa assunzione stabile.

Invitiamo i lavoratori del Comune di Reggio Emilia a prendere una netta posizione contro delle direttive politiche che favoriscono la ricattabilità e l’instabilità di centinaia di lavoratori dei nidi e delle scuole dell’infanzia.

Unione Sindacale Italiana – Cit Reggio Emilia

Via Don Minzoni 1/d – Reggio Emilia

FB: Usi-Cit Reggio Emilia

usi-reggioemilia@inventati.org

CARLO TRESCA: UN ANARCHICO ITALIANO NEGLI STATI UNITI

CARLO TRESCA: UN ANARCHICO ITALIANO NEGLI STATI UNITI

8 GIUGNO 2019

Circolo Berneri, Via Don Minzoni 1/d – Reggio Emilia

ore 17 Presentazione della ricerca di A. Incerti e esposizione di materiali originali sul movimento operaio americano

ore 20 cena sociale

USI-CIT Reggio Emilia

usi-reggioemilia@inventati.org

FB: Usi-Cit Reggio Emilia

Federazione Anarchica Reggiana – FAI

fa_re@inventati.org

FB: Archivio Libreria della FAI Reggiana

LIBERTA’ PER TUTT*

LIBERTÀ PER TUTT*
Senza Chiesa Nè Stato!

Come Federazione Anarchica Reggiana e USI-CIT Reggio Emilia partecipiamo al Modena Pride portando i nostri contenuti per ribadire la necessità dell’emancipazione, individuale e collettiva, dal sessismo e dall’omo-transfobia, piaghe sociali di diretta matrice religiosa.
Politicanti opportunisti, in cerca di facili consensi raccolgono l’odio religioso verso le persone LGBTI+ e cercano di introdurlo negli ordinamenti giuridici dei Paesi dove le religioni sono strettamente legate al potere statale. Ovviamente l’Italia è in prima fila, con un governo che di ignoranza, intolleranza, oscurantismo e odio ha fatto una bandiera. Odio per tutte le diversità: di nascita, di classe, di genere e di orientamento sessuale. Il congresso di Verona è stata solo una delle espressioni visibili di questo odio abilmente seminato e fatto crescere nella società, anche grazie a decenni di chiusura su queste tematiche nei vari partiti al governo.
È positivo che nella piattaforma politica del Pride si ricordi che quest’anno ricorre il 50° anniversario dei moti di Stonewall. Per contrastare questa involuzione sociale è infatti necessaria una forte mobilitazione sul fronte dei diritti, che come la storia ci insegna non si ottengono per gentil concessione del governo di turno, ma si conquistano cambiando la società con le lotte. Una mobilitazione che, per essere efficace veicolo di trasformazione sociale, deve però andare al di là della singola rivendicazione del momento ed essere trasversale e comune a tutte le categorie che subiscono discriminazione e sfruttamento, indipendentemente da orientamento sessuale, stile di vita, etnia e provenienza. Le categorie sono di per sé stesse escludenti, privilegiano chi ne fa parte e discriminano il diverso, mentre i diritti non possono essere che universali, e per questo vanno riferiti alle singole persone. Persone libere, non incasellate in una o più definizioni.
Come anarchiche e anarchici crediamo che una società libera, fatta da persone libere, possa essere creata attraverso la pratica della libertà stessa e dalla decostruzione di tutte le strutture oppressive e delle relazioni autoritarie, tipiche della società capitalista e patriarcale nella quale viviamo oggi.
Anche la famiglia basata sul matrimonio è una costruzione della società patriarcale e di essa costituisce la cellula base, all’interno della quale spesso nascono rapporti autoritari e si consumano violenze. Il matrimonio egualitario rivendicato al primo punto della piattaforma, sebbene sia senza dubbio una soluzione a problemi gravi e differenze contingenti, è tuttavia un obiettivo parziale.
Già all’inizio del secolo scorso Errico Malatesta parlava di famiglia come risultato della “pratica dell’amore, libero da ogni vincolo legale, da ogni oppressione economica o fisica, da ogni pregiudizio religioso.”
Crediamo pertanto che si debba andare verso il superamento del matrimonio come condizione base per ottenere i diritti alla genitorialità e alla reciproca assistenza per tutte le persone, di qualunque genere e orientamento sessuale. I diritti, per essere tali, oltre a essere individuali non possono essere condizionati alla stipula di un contratto davanti a un ufficiale di stato civile.
Per una societa’ libera e solidale senza chiesa, stato e patriarcato!

USI.-CIT Sez. Reggio Emilia

Federazione Anarchica Reggiana – FAI
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LOTTO MARZO: GIORNATA DI LOTTA FEMMINISTA!
UNO SCIOPERO GENERALE PARTECIPATO

 

La giornata di lotta indetta dal sindacalismo di base per l’8 Marzo ha visto nella nostra
Provincia una discreta partecipazione nei settori dei servizi e del pubblico impiego con una
piccola adesione anche fra gli studenti.
L’Usi-Cit di Reggio Emilia ha realizzato nei giorni precedenti una buona campagna
informativa con volantinaggi e affissioni di manifesti in tutta la città. Per la giornata dello
sciopero ha promosso un presidio in Piazza Casotti, in pieno centro storico, caratterizzato da
musica e diverse bandiere rossonere, al quale hanno aderito un centinaio di compagne e
compagni. All’iniziativa hanno partecipato le compagne di Non Una di Meno Reggio Emilia
e militanti dell’Usi di Bologna, Modena e Parma.
Il primo intervento è stato di Alessandro, Segretario Provinciale dell’Usi di Reggio Emilia,
che ha spiegato le motivazioni dello sciopero e le ragioni del sindacalismo libertario sempre
attento alle lotte antisessiste, antirazziste e anticapitaliste dentro e fuori dai luoghi di lavoro.
Successivamente è intervenuta Barbara dei Cobas Scuola Reggio Emilia che ha spiegato le
ragioni per cui la scuola deve scioperare l’8 Marzo, fra le quali il diritto alla libertà di
insegnamento in una scuola gratuita e laica. A seguire Carla di Non Una di Meno ha illustrato
come sia fondamentale dare una risposta agli stereotipi patriarcali e autoritari della nostra
società che continuano a minare l’autodeterminazione delle donne. E’ stata poi la volta di
Paola della scuola per migranti «Passaparola» che ha sottolineato come occorra difendere e
ampliare i diritti di tutte e tutti contrastando le politiche e i decreti del Governo. Infine, ha
parlato Simone della Federazione Anarchica Reggiana invitando alla costruzione di situazioni
autogestite che contrastino la deriva autoritaria in atto nei confronti di donne, migranti,
lavoratori e studenti dando vita a campagne di solidarietà e disobbedienza gestite dal basso.
La mattinata si è poi conclusa con un pranzo per gli scioperanti organizzato dalle Cucine del
Popolo al Circolo Berneri di Via Don Minzoni 1/d.
Alle 18 abbiamo partecipato con un nostro volantino al corteo di Non Una di Meno Reggio
Emilia che si è snodato per le vie dalla città con musica, numerosi interventi e flash mob.
Al termine della manifestazione abbiamo concluso la giornata di lotta con un aperitivo
libertario al Circolo Berneri brindando ad una società libera, autogestita ed internazionalista.

Unione Sindacale Italiana – CIT Reggio Emilia

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L’USI-CIT Reggio Emilia promuove lo SCIOPERO DELL’8 MARZO CON UN PRESIDIO ALLE ORE 10 IN CENTRO A REGGIO EMILIA E CON UN’INIZIATIVA SERALE AL CIRCOLO BERNERI

Come USI-CIT Reggio Emilia rilanciamo lo sciopero generale dell’8 Marzo sui luoghi di lavoro anche per il 2019.
Uno sciopero che riteniamo necessario per andare a scardinare l’oppressione e la violenza di genere,in una società ancora pervasa da forte discriminazione e sessismo nonostante le numerose lotte per
l’emancipazione femminile che hanno caratterizzato il XX secolo. Ancora oggi gran parte del mondo è basato su una percezione patriarcale dei ruoli di genere con confini definiti e rigidi.
Questo si evince da numerosi contesti in cui il corpo delle donne continua ad essere regolamentato in base alla morale vigente che riflette i bisogni di una classe dominante. Le donna rappresenta da sempre un soggetto a cui vengono storicamente attribuiti compiti di cura della casa, dell’ambiente
familiare e dei figli. Così oltre al lavoro gratuito di cura si somma, per molte di loro, il lavoro salariato.
L’Italia, come l’Europa, è ancora un paese dove una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è stata vittima della violenza di un uomo, dove quasi 7 milioni di donne hanno subito violenza fisica e sessuale e dove ogni anno vengono uccise circa 200 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex. Il 77% di tali violenze avviene in famiglia e in egual misura nei confronti di italiane e straniere. Inoltre, ancora nel 2019, in molti paesi europei si cerca di limitare la libera scelta delle donne nei temi di
contraccezione di emergenza e di aborto. In Italia per esempio, nonostante la legge 194 del 1978, sono sempre più in crescita le percentuali di ginecologi obbiettori all’interno degli ospedali (circa il70%). Una maggioranza schiacciante che rende, in alcune regioni italiane, quasi impossibilericorrere all’interruzione volontaria di gravidanza.
In ambito lavorativo persiste il gap salariale, che vede una differenza di salario tra uomini e donne che varia dal 20% al 40 % a seconda delle professioni. Inoltre il 50,7 % delle donne non ha un’occupazione che determina un reddito stabile e un terzo delle lavoratrici lascia il lavoro a causa della maternità. I posti di lavoro sono inoltre il luogo dove spesso avvengono molestie sessuali e
violenze nei confronti delle lavoratrici o aspiranti tali. Infatti sono sempre di più le donne che già durante i primi colloqui di lavoro testimoniano di aver subito diversi tipi di molestie. Si tratta in molti casi di giovani precarie che il più delle volte tacciono per non subire conseguenze dal punto di vista lavorativo. Esempio massimo di questa concezione della donna come soggetto inferiore da
tutelare e regolamentare è la legittimazione dello stupro ancora oggi da molti giustificato dalla rappresentazione della donna come provocatrice di presunti “istinti maschili”, schiacciata sullo stereotipo di o santa o puttana.
Per le donne migranti la situazione è ancora peggiore. Lo vediamo con le pesanti discriminazioni che subiscono perché maggiormente ricattabili e tre volte discriminate in quanto donne, proletarie e
straniere. Il Decreto Salvini peggiora una situazione già grave, dall’accesso non garantito alla sanità, alla difficoltà maggiore nel trovare strutture di supporto in caso di relazioni violente con
propri familiari, sino alla minaccia continua dell’espulsione verso paesi dove talvolta la condizione femminile è ancora peggiore.
Chi negli anni scorsi si è distinto in mezzo al branco per una più forte propaganda razzista e sessista oggi siede sui banchi di governo, continuando a cianciare sul corpo delle donne con una cultura
patriarcale, paternalistica e quindi profondamente autoritaria. Una cultura di cui quest’ultimo governo non ha il patrimonio unico ma ne è semplicemente l’interprete più becero. Lo si evince dai discorsi sulla natalità e sulla famiglia tradizionale, dalla permanente campagna elettorale in favore della famiglia tradizionale, di una gerarchia tra i sessi e della fissità dei ruoli di genere. Un governo
in perenne campagna elettorale che parla del corpo femminile come “bene nazionale” da porre sotto tutela e negando a tutti gli effetti la soggettività individuale delle donne.
A tutto questo dobbiamo aggiungere il DdL del Ministro leghista Pillon che punta a normare le separazioni e gli affidi dei figli imponendo, anche in caso di presunte violenze fisiche di uno dei coniugi, una forma di affido paritetica tra i due genitori. Inoltre l’affido paritetico presupporrebbe anche la cancellazione dell’assegno di mantenimento e la creazione di una sorta di bilancio spese da
dividere tra i due coniugi. In un paese dove il 50,7% delle donne non ha un’occupazione che determini un reddito stabile risulta evidente il ricatto economico.
Queste sono solo alcune delle tante caratteristiche del Disegno di Legge che renderebbero ancor più difficile per una donna denunciare la violenza e separasi dal coniuge, generando una condizione
di aperta ricattabilità.
Una legge simile metterebbe una pregiudiziale economica di fronte alle coppie che volessero separarsi indipendentemente dai motivi e si ripercuoterebbe ulteriormente sui loro figli.
Si tratta solo di alcuni esempi che testimoniano come la discriminazione di genere sia ancora oggi una delle tante contraddizioni della nostra società, che categorizza le donne come vittime da aiutare,
come oggetto di proprietà esclusivamente maschile e come persone incapaci di scegliere e di difendersi da sole. La lotta femminista combatte per scardinare gli attuali rapporti di forza e cammina di pari passo con la lotta di classe e con la lotta antirazzista. Per questo rilanciamo la
scadenza dell’Otto Marzo come scadenza intersezionista e internazionalista, di lotta radicale, antirazzista e antisessista in quanto comprende tutti questi ambiti che non sono e non possono essere separati.
Come Unione Sindacale Italiana pensiamo che soltanto con l’intersezionalismo, ovvero la capacità di tessere relazioni tra lotte solo apparentemente separate, si potrà abbattere la cultura patriarcale di
cui sono imbevuti il capitalismo e lo statalismo. Lo sciopero come risposta a tutte le forme di violenza sul corpo e sulla mente delle donne. Lo sciopero come prassi per riprendersi la gestione delle proprie vite e dei propri corpi dalle mani dello stato, come percorso di abbattimento del nucleo primo dell’autoritarismo: il patriarcato. Lo sciopero per costruire un percorso che vada oltre la semplice rivendicazione di diritti, perché nasca nel nostro tempo un germoglio di libertà di una
futura società di liber* e uguali.

8 marzo sciopero globale!
Se toccano un* toccano tutti!
Per ulteriori info: FB: Usi-Cit Reggio Emilia // usireggioemilia@inventati.org