SOLIDARIETÀ ALLA POPOLAZIONE MAPUCHE E AL MOVIMENTO ANARCHICO ARGENTINO, PER SANTIAGO MALDONADO E RAFAEL NAHUEL UCCISI DALLO STATO

Presidio di solidarietà alla popolazione mapuche e al movimento anarchico argentino, 3 febbraio 2018 ore 16 via Farini Reggio Emilia.

Il 1 di agosto 2017 nella provincia di Chubut, nella Patagonia argentina,
appartenenti alla comunità indigena Mapuche, assieme a solidali, hanno
bloccato una strada vicino alla sede locale della Benetton – tra le più
importanti nel paese per quanto concerne la proprietà fondiaria – per
protestare contro l’acquisizione del territorio Mapuche da parte della
grande multinazionale. La polizia ha attaccato la manifestazione
sparando mentre i manifestanti cercavano di difendersi come potevano.
Durante l’operazione di polizia l’anarchico Santiago Maldonado è stato
arrestato, caricato con violenza su un furgone bianco –come testimoniato
da molte persone – e portato via. Da allora è risultato
disperso, desaparecido.
Il suo corpo è stato trovato in un fiume in Patagonia due mesi dopo: un
brutale ricordo delle 30.000 persone che
risultarono desaparecidas durante il periodo della Junta, la dittatura
militare guidata dai generali Videla, Massera e Agosti.
Il rapimento e l’uccisione del compagno Santiago Maldonado ha innescato
forti mobilitazioni in Argentina. Lo Stato e la polizia hanno negato
ogni responsabilità, mentre i media hanno avviato una campagna mirata a
criminalizzare le comunità Mapuche resistenti e gli anarchici. La
propaganda insinuava teorie cospiratorie sulla scomparsa di Maldonado e
indicava tutti coloro che si oppongono ai piani padronali, e
specialmente gli anarchici, come i “nemici interni”.
Le comunità indigene Mapuche – in Cile e Argentina – stanno lottando per
difendere il proprio territorio dalla depredazione e dalla distruzione
condotta dalle grandi multinazionali a cui vengono date queste terre
dallo stato. Questi sono gli stessi territori che sono stati sottratti
alle popolazioni indigene attraverso una serie di guerre e genocidi fin
dai tempi dei Conquistadores del continente Americano. I Mapuche, nella
loro lotta, hanno affrontato persecuzioni, prigionia e violenza sia dei
meccanismi repressivi statali sia delle bande paramilitari che operano
per conto dei padroni su entrambi i versanti delle Ande. A Chubut una
larga parte della comunità Mapuche reclama i propri territori. Questi
sono ora ufficialmente di proprietà della Benetton equivalenti a un
terzo del totale di novecentomila ettari che la multinazionale ha
comprato in tutto il paese.
Santiago Maldonado è stato ucciso perché, come anarchico, ha scelto di
opporsi e lottare al fianco del popolo indigeno, di schierarsi al fianco
degli esclusi e contro gli sfruttatori e i loro piani distruttivi.
Rafael Nahuel era un giovane di origine Mapuche membro di un gruppo
chiamato Coletivo Al Margen.Il 25 novembre 2017, in occasione del
funerale di Santiago Maldonado, le forze di polizia hanno organizzato
uno sgombero nel territorio Mapuche. Le persone presenti sono state
colpite da proiettili di gomma e di piombo. Una donna e Rafael Nahuel
sono stati colpiti. Quest’ultimo è stato ucciso.
Gli/le attivisti/e Mapuche e altri/e che si oppongono a questi progetti
sono stati/e additati/e come “terroristi/e” dallo stato nel tentativo di
indebolire il supporto nei loro confronti e giustificare ulteriori
operazioni repressive. In particolare il “Rapporto RAM”, preparato dal
Ministero della Sicurezza Nazionale argentino congiuntamente ai governi
delle province patagoniche, prepara la strada ad una gravissima
montatura repressiva sostenendo l’esistenza di un complotto terroristico
che coinvolge organizzazioni Mapuche, organizzazioni politiche, sociali
e sindacali, tra cui anche la Federazione Libertaria Argentina, che fa
parte dell’Internazionale di Federazioni Anarchiche.
Esprimiamo la nostra solidarietà a chi, in Argentina come nel resto del
mondo, resiste alla repressione dello Stato per la costruzione di un
mondo di liberi ed eguali e lotta con le comunità Mapuche che stanno
difendendo la propria terra dallo sfruttamento delle élite economiche, e
dai moderni conquistadores della Benetton.

Federazione Anarchica Reggiana – FAI
Usi-Ait sezione di Reggio Emilia

Via Don Minzoni 1/d – Reggio Emilia

usi-reggioemilia@inventati.org

FB: Usi – Ait Reggio Emilia

REPORT 4 NOVEMBRE REGGIO EMILIA CONTRO TUTTE LE GUERRE CONTRO TUTTI GLI ESERCITI

Sabato 4 novembre si è svolto il corteo antimilitarista promosso dall’USI – AIT di Reggio Emilia con l’adesione della Federazione Anarchica Reggiana.

Una iniziativa che proponiamo tutti gli anni e che ha visto la partecipazione di oltre cento compagni che hanno sfilato con innumerevoli bandiere rossonere per il centro cittadino arrivando in Piazza Prampolini. La manifestazione si è conclusa con i comizi finali tenuti da Lollo e Colby che hanno evidenziato le politiche belliciste del governo italiano e dei suoi interessi nazionali e internazionali economici e militari.

Si sono poi esposte le ragioni dell’antimilitarismo storico che ha contrastato le politiche guerrafondaie e repressive a partire dalla prima guerra mondiale per arrivare ai giorni nostri.Si è poi indicato la forte militarizzazione delle città e dei territori e il pesante aumento delle spese militari che gravano sulle vite dei lavoratori, dei giovani e dei pensionati. Infine si sono toccati i punti classici della battaglia antimilitarista che per essere credibile deve assumere una caratteristica antiautoritaria.

Gli anarcosindacalisti e gli anarchici sono impegnati da sempre contro la politica della guerra, delle patrie e degli eserciti che altro non fa che aumentare gerarchie e diseguaglianze sociali. Con questa manifestazione vogliamo ribadire che è possibile e fondamentale opporsi alle politiche belliciste e securitarie costruendo dei percorsi dal basso che possano scuotere e cambiare radicalmente gli assetti societari.

L’ Unione Sindacale Italiana di Reggio Emilia e la Federazione Anarchica Reggiana si impegneranno già adesso per il prossimo anno, per costruire una nuova mobilitazione per il 4 novembre 2018.

Usi – Ait Reggio Emilia
FAI – Federazione Anarchica Reggiana
Via Don Minzoni 1/d – Reggio Emilia

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CONTRO TUTTE LE GUERRE CONTRO TUTTI GLI ESERCITI

4 NOVEMBRE 2017 MANIFESTAZIONE CON CORTEO

concentramento presso la Gabella di S. Croce ore 15.30 invitiamo tutti e tutte a partecipare

alla manifestazione antimilitarista.

Riteniamo necessario continuare il percorso iniziato da qualche anno per lottare contro la cultura e la politica della guerra e per opporsi con un’altra voce, un’altra pratica e un’altra memoria alla retorica guerrafondaia dello Stato. Questa retorica viene rinfocolata ogni anno in occasione del 4 novembre, anniversario della fine della prima guerra mondiale. Una tragica “vittoria”, quella, che costò più di mezzo milione di morti oltre che centinaia di migliaia di mutilati e feriti e che, ancora oggi, viene esaltata e sacralizzata. Come se quel mezzo milione di morti avesse avuto un senso se non quello di accrescere le ricchezze dei potenti e, di conseguenza, aumentare ulteriormente le diseguaglianze sociali. Rifiutiamo anche la retorica “della difesa della patria” perché, nonostante quello che mass media e governi continuano a propinarci le cerimonie, l’ Italia durante tutta la sua storia unitaria non ha mai combattuto una guerra di difesa ma sempre di aggressione. Proprio per questo, con la nostra manifestazione vogliamo ricordare disertori, gli oppositori, pacifisti e antimilitaristi che da sempre si oppongono alle guerre dei governi.


Purtroppo però non è solo una questione di storia: mentre lo stato celebra le guerre della sua breve esistenza unitaria rinnova i contingenti militari in zone di guerra mascherandosi dietro la retorica delle missioni di pace, investe decine di miliardi in armamenti ogni anno e alza muri davanti a folle di migranti in fuga dalle guerre e dai dissesti sociali creati dal capitalismo. Lo stato italiano non si vergogna a finanziare una fazione armata libica, una delle tante che combattono la guerra civile in quel paese, per fermare l’arrivo di migranti e costringerli a una condizione di schiavitù in veri e propri campi di concentramento sul suolo libico. Allo stesso tempo governo e padroni tagliano la spesa sociale e comprimono i salari della classe lavoratrice generando una precarietà sempre più diffusa, continuano a favorire lo sfruttamento e una sempre maggiore ricattabilità della manodopera migrante e italiana; inoltre con l’artificiosa distinzione tra nativi e migranti, su cui gioca l’intero arco istituzionale, si vuole generare una vera e propria guerra tra poveri.

Precari, poveri e migranti che in Italia aumentano sempre più, che quando portano in piazza le loro rivendicazioni si trovano sempre più spesso davanti all’uso della forza militare e repressiva: i problemi sociali vengono ridotti a problemi di ordine pubblico.

Vogliamo ribadire quanto sia sempre piu’ evidente come la politica dei governi, dentro e fuori l’Europa, sia strutturalmente basata sulla legge del più forte e guidata da «imperativi» economici.

Vogliamo ribadire che è possibile, e fondamentale, dire ‘NO’ e ribellarsi a politiche belliciste, securitarie, discriminanti, gerarchiche e maschiliste.

Invitiamo le associazioni e i singoli a manifestare assieme a noi contro le guerre di oggi e l’esaltazione di quelle passate, per ribadire la necessità di costruire una società libera e solidale fondata sull’uguaglianza di tutte e di tutti.


NOSTRA PATRIA E’ IL MONDO INTERO!


UNIONE SINDACALE ITALIANA – Sezione di Reggio Emilia

Via don Minzoni 1/d c/o Circolo Berneri

FB: Usi – Ait Reggio Emilia

per info e adesioni: usi-reggioemilia@inventati.org

aderisce: FEDERAZIONE ANARCHICA REGGIANA – FAI

27 OTTOBRE MANIFESTAZIONE A PARMA

27 OTTOBRE SCIOPERO GENERALE!
 
Il 27 Ottobre si svolgerà in tutta Italia lo sciopero indetto da Usi – Ait, Sgb, Si Cobas, Cub e Slai Cobas, una mobilitazione che coinvolgerà tutti i settori pubblici e privati. L’USI – AIT di Reggio Emilia invita tutti e tutte a scioperare per :
 
– Aumentare salari e investimenti pubblici per ambiente e territorio, ridurre in modo generalizzato l’orario di lavoro;
 
– Età pensionabile a 60 anni di età o con 30 anni di contributi, abolendo la legge Fornero;
 
– Garantire il diritto universale alla salute, all’abitare, alla scuola, alla mobilità pubblica e tutele reali di salario peri disoccupati;
 
– Contrastare la precarizzazione del lavoro generata dalle leggi promulgate dai vari governi, l’ultima quella dello jobs act, che sono strumenti formidabili di ricatto e di distruzione dei diritti fondamentali, a partire dall’uso che ne fanno le istituzioni stesse e le amministrazioni locali di ogni colore;
 
– Difendere il diritto di sciopero con l’abolizione delle leggi che lo vincolano, rigettare l’accordo truffa del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza;
 
– Fermare l’export di armi, chiudere le basi militari e blocco di ogni intervento militare
 
L’USI unico sindacato autogestito e autorganizzato, gestito dai lavoratori in prima persona e indipendente da quadri politici e burocratici invita tutti e tutte a dare vita a cortei autogestiti, orizzontali e indipendenti all’insegna del sindacalismo di classe, autogestito e
libertario. L’USI di Reggio Emilia parteciperà al corteo indetto da USI-AIT a Parma con concentramento in Piazzale Barbieri ( Barriera Bixio) ore 9: 45.
 
USI – AIT sezione di Reggio Emilia
Via Don Minzoni 1/d – Reggio Emilia
usi-reggioemilia@inventati.org
FB: Unione Sindacale Italiana – Reggio Emilia

ENNESIMO ATTACCO AI DANNI DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI DELLE COOP SOCIALI

L’ Usi – Ait sezione di Reggio Emilia condanna con forza la disdetta unilaterale da

parte di Legacoop e di Confcooperative del Contratto Integrativo Provinciale.

 

Una mossa, questa, che coinvolgerà nella nostra provincia più di 5.000

lavoratori impiegati dalle Cooperative Sociali nel campo educativo, sanitario

e sociale.

Questo contratto integrativo tutelava i lavoratori nel caso di cambi di gestione, spostamenti

tra una cooperativa e un’altra, tutelava la copertura economica in caso di danno al mezzo

proprio utilizzato per ragioni di servizio oltre a, addirittura, garantire la mensilizzazione

dello stipendio.

 

Inoltre parte dello stesso Contratto era l’ ERT – Elemento Retributivo Terrioriale – che,

a fronte di guadagni sempre più alti delle cooperative sociali nella nostra città

rappresentava un buon contributo al salario annuale del lavoratore garantendo

una redistribuzione degli utili tra i lavoratori.

 

A fronte dei ben più che buoni utili realizzati dalle più grandi cooperative sociali

reggiane quest’anno ci chiediamo se questo atto di disdetta non serva solo ad alzare

la tensione in vista del rinnovo dello stesso Contratto Integrativo che sarebbe scaduto

alla fine dell’anno.

 

Ricordiamo che un negli ultimi anni un violento processo di precarizzazione ha investito

tutto il Terzo Settore colpendo sia i lavoratori, che si sono trovati a vario titolo con il salario

indebolito, anche per il mancato rispetto da parte di alcune cooperative sociali delle

condizioni contrattuali, e con un peggioramento delle condizioni di lavoro, che la qualità’

del servizio e di conseguenza, data la delicatezza di alcuni lavori, le stesse condizioni

di vita degli utenti.

 

Invitiamo i lavoratori e le lavoratrici del Terzo Settore, ancora una volta colpiti da

una decisione tesa a massimizzare gli utili per le Centrali Cooperative e le dirigenze a

discapito delle condizioni di lavoro e della qualità del servizio, a scioperare il 27 Ottobre

nell’ambito dello sciopero generale nazionale indetto da USI-AIT, CUB, SGB e SI-COBAS.

 

USI – AIT sezione di Reggio Emilia

Via Don Minzoni 1/d – Reggio Emilia

usi-reggioemilia@inventati.org

FB: Unione Sindacale Italiana – Reggio Emilia

30 + 30 = 60

27 OTTOBRE SCIOPERO GENERALE!
Trenta più trenta uguale 60!
30 ore settimanali, 30 anni di contributi: 60 anni come limite dell’età pensionabile.

27 OTTOBRE: SCIOPERO GENERALE!

Documento approvato  dall Assemblea nazionale svoltasi a Milano il 23 settembre
RELAZIONE INTRODUTTIVA

Le motivazioni dello sciopero generale dei 27 ottobre sono state ulteriormente chiarite e rafforzate da quanto avvenuto dopo la sua dichiarazione.

Il contesto che si è delineato evidenzia con più chiarezza un preciso progetto autoritario di normalizzazione dei rapporti sociali nel paese che va respinto con determinazione

Le linee operative del progetto governativo riguardano:

La limitazione del diritto di sciopero

Dopo il riuscitissimo sciopero del 16 promosso da alcune organizzazioni sindacali di base è ripartito l’attacco al diritto di sciopero.

La crisi economica, viene affrontata dalla borghesia accentuando l’attacco alle condizioni di vita dei lavoratori (lavoro flessibile, disoccupazione, precarietà, ecc.) contemporaneamente con un’escalation dell’azione repressiva e reazionaria. Laddove lo Stato ha poco da offrire in termini di “stato sociale“, la dura legge del capitalismo, fatta di licenziamenti, salari da fame e sfruttamento, può essere accettata e introiettata soprattutto attraverso il manganello, la criminalizzazione del dissenso e l’attacco al diritto di sciopero.

 

Si punta perciò a stringere le maglie dell’esercizio dello sciopero per ridurre la possibilità che col conflitto i lavoratori e i ceti popolari possano costruire dei rapporti di forza per modificare in meglio la propria condizione lavorativa ed economica.

Il diritto allo sciopero è stato da tempo limitato e impedito con norme (legge 146/90 poi racchiusa nel testo unico n. 83/2000) e sentenze; ora verrebbe definitivamente sottratto ai singoli lavoratori e attribuito ad alcune organizzazioni sindacali integrate allo Stato a cui affidare il monopolio sindacale.
Cercheranno di impedire, tramite legge, l’esercizio del diritto di sciopero ad organizzazioni sindacali che sono in opposizione alle politiche padronali e dei Governo.

Riteniamo indispensabile ribellarsi alla volontà del padronato, del governo e di Cgil, Cisl, Uil di riscrivere lo statuto dei lavoratori ed eliminare il diritto di sciopero.

Su tali orientamenti gravi ci sono delle responsabilità anche da parte di quelle sigle “di base” che dopo aver aspramente criticato l’accordo del 10 gennaio sulla Rappresentanza, l’hanno opportunisticamente sottoscritto, rompendo, così, il fronte di unità con il sindacalismo conflittuale e favorendo le manovre padronali per la restrizione del diritto di sciopero.


La politica abitativa e la repressione di chi lotta e rivendica diritti

Il ripristino della “legalità” borghese – di cui il “foglio di via” è una delle rappresentazioni utilizzate più frequentemente- ha riguardato molte situazioni di lotta per il lavoro e per i contratti; ultimamente anche la politica abitativa e per coloro che sono immigrati nel paese. A Roma, prima i rifugiati eritrei sono stati sgomberati dal palazzo che occupavano in via Curtatone e poi sono stati risgomberati con gli idranti e cariche dalla Polizia dalle aiuole e dai marciapiedi di Piazza Indipendenza dove dormivano dopo lo sgombero.

L’organizzazione dello sgombero dalle case e il tentativo di rimozione dei disagio e della condizione degli emarginati dalla strada è una pratica largamente in uso nei quartieri dove ci sono occupazioni. Una politica che nega il diritto alla casa che va efficacemente contrastata con le lotte, come già molti compagni stanno facendo nei medesimi territori.

Immigrati

I migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati che vivono nelle nostre città non vengono considerati parte delle nostre comunità, anche se talvolta sono più anni che vivono in Italia.

Il dibattito pubblico su questa questione ha assunto toni ancora più xenofobi, perché ha preso più consistenza il desiderio o l’augurio che si facciano da parte, che spariscano.

La posizione del governo più della propagandata e strumentale “Aiutamoli a casa loro” è diventataSe la vedano loro al di fuori dall’Italia”

Oggi sono presenti ormai in tutti paesi europei forze politiche di destra, populiste o fasciste, la cui funzione è esattamente quella di strumentalizzare i ceti popolari, persuadendoli che la causa della loro condizione di precarietà e di impoverimento è dovuta alla ‘concorrenza’ dei lavoratori immigrati e non alle basi strutturali del sistema capitalistico.

L’intesa tra Italia e Libia è una tappa della strategia di esternalizzazione delle frontiere, perseguita a tutti i costi, tanto dal nostro governo quanto dall’Unione Europea; persegue il contenimento degli sbarchi mettendo in secondo piano il rispetto dei diritti fondamentali di chi fugge dalle guerre e dalla fame da loro prodotte.

La riduzione degli sbarchi di cui tanto si vanta il governo è dovuta, in parte al lavoro della guardia costiera libica, ma soprattutto agli accordi fatti con le due più potenti milizie per bloccare in Libia il più importante punto di partenza di migranti soprattutto africani.

Per comprare la serenità nel proprio giardino e per coprire la mancanza di una politica sull’emigrazione, si lascia a un altro stato il compito di fare il lavoro sporco in cambio di aiuto economico, usando i fondi per lo sviluppo.

Con l’accordo, l’Italia delega alla Libia la gestione (con un sistema criminale di controllo e detenzione fatta da costrinzioni e abusi) dei flussi migratori, così come ha già fatto l’Unione Europea con la Turchia offrendole 6 miliardi di euro per bloccare la rotta greco-balcanica.

Occorre sempre ricordare e ribadire che i padroni impongono a coloro che vengono da altri paesi che loro dominano imperialisticamente, peggiori condizioni di lavoro e di salario per imporre un abbassamento generale del costo della forza lavoro fomentando guerre tra poveri. Il conflitto deve essere, perciò, ricondotto contro chi sfrutta non contro chi è parimenti sfruttato.

Esclusione e marginalizzazione del sindacalismo conflittuale

IL tentativo di indebolire politicamente ed organizzativamente perseguito ai danni del sindacalismo mira all’accentuazione della limitazione degli scioperi e delle lotte di tutti i lavoratori.

Anche di ciò dobbiamo tener conto nella discussione sullo sciopero generale del 27 ottobre indetto da Cub, SGB, SI Cobas, Usi-AIT, Siai Cobas per contrastare e respingere l’attacco portato dal governo e dai padroni contro i lavoratori, i ceti popolari, i disoccupati e i pensionati.

NOI SIAMO PER:

– Abolire le disuguaglianze salariali, sociali, economiche, di genere e quelle nei confronti degli immigrati.

– Forti aumenti salariali, una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro e investimenti pubblici per ambiente e territorio.

– Avere una pensione a 60 anni o con 35 anni di contributi. Abolire la legge Fornero
– Garantire il diritto universale alla salute, all’abitare, alla scuola, alla mobilità pubblica e tutele reali di salario peri disoccupati.

– Difendere il diritto di sciopero con l’abolizione delle leggi che lo vincolano. – Rigettare l’accordo truffa del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza.

– Contrastare la politica dei paesi imperialisti come l’Italia che per la rapina ed il controllo delle risorse fomentano e partecipano in molti paesi alle azioni militari opprimendo il proletariato e le masse povere di questi aumentano le stesse spese militari.

Questa opzione, oltre che esprimere una precisa volontà di contrastare i massacri di innocenti la devastazione dei territori come conseguenza delle politiche dei nostri governanti e gli interessi dell’industria bellica, si collega saldamente con i sacrifici che ci sono imposti dall’assorbimento di enormi risorse sottratte alle nostre più urgenti necessità.

E’ altrettanto prioritaria una lotta di contrasto contro la precarizzazione del lavoro grazie alle leggi promulgate dai vari governi, l’ultima quella dello jobs act, che sono strumenti formidabili di ricatto e di distruzione dei diritti fondamentali, a partire dall’uso che ne fanno le istituzioni stesse e le amministrazioni locali di ogni colore.
Non è più tollerabile, come avviene nel pubblico impiego, subire un blocco dei Contratti che dura ormai da sette anni.

Non è più sopportabile che nello stesso settore, vedi nel privato della sanità, ci siano CCNL diversi, l’uno peggiore rispetto all’altro, che dividono i lavoratori all’interno della stessa azienda, al solo scopo d’indebolire per meglio sfruttare i dipendenti.

Il nostro, insomma, è un mondo che vede sempre più aumentare la polarizzazione della società: ad un capo chi si arricchisce sull’aumentato sfruttamento, dall’altra chi perde il salario o addirittura muore di fame. La ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale è diminuita dal 2010 al 2015 di mille miliardi di dollari. La metà più povera ha perso ben il 38% di quanto disponeva.

Le disuguaglianze sono un prodotto del sistema capitalistico e aumentano con le crisi capitalistiche. Lo stiamo vivendo sulla nostra pelle e diventano ogni giorno meno sostenibili e mettono ormai in discussione lo stesso diritto all’alimentazione, alla salute, alla casa ecc.L’aumento delle disuguaglianze non è, come vorrebbero farci credere i media asserviti, il semplice risultato di “politiche governative sbagliate“, bensì il prodotto della divisione della società in classi, tra sfruttatori e sfruttati.

Le politiche liberiste, e le delocalizzazione verso i paesi a basso costo sono un aspetto di questo attacco: o rinunciare alle conquiste – che i mass media spacciano per “privilegi” – o perdere il lavoro. Solo la ripresa della lotta di classe può difendere le condizioni di lavoro e il salario e invertire la tendenza contro questo sistema.

Lo sciopero del 16 giugno indetto da Cub, Sgb, Si Cobas, Usi-ait, Slai Cobas e, a livello locale da organismi di base, per l’intero comparto del trasporto pubblico e privato contro le privatizzazioni, in unità con i lavoratori del settore della logistica, dove il trasporto delle merci utilizza in forma massiccia il supersfruttamento della manodopera immigrata, è stato un grande successo per la importante risposta data.

Un fatto ancor più significativo è rappresentato dall’adesione di tanti altri lavoratori che, aldilà dell’appartenenza sindacale, hanno colto l’occasione dello sciopero per manifestare il proprio malessere e il proprio dissenso verso le politiche economiche e sociali del governo.

La massiccia adesione ha dato fastidio a chi Governa, ai poteri forti e ai sindacati compiacenti, che invece di cogliere il malessere sociale montante organizzando scioperi d’opposizione alle politiche governative, pensano di limitare, insieme ai governi, ulteriormente il diritto di sciopero che è già stato pesantemente messo in discussione nel pubblico impiego e nei servizi pubblici in genere.

L’urgenza della mobilitazione è resa ancora più evidente dallo sviluppo in questi anni di grandi movimenti di lotta in tutto il mondo per il salario per i diritti e per la libertà.

L’oramai quasi decennale ciclo di lotte nei magazzini della logistica, così come la testarda resistenza in questi anni di ampi settori di autoferrotranvieri alla distruzione del trasporto pubblico, sono due esempi a riconferma che esiste una diffusa disponibilità a lottare contro padroni e governo.

Ciò ci ha portato a lanciare ed organizzare nel paese un vero sciopero generale su precisi obiettivi che segnino una svolta in positivo nel conflitto contro le politiche imposte ai lavoratori e contro un uso crescente di strumenti repressivi.

Uno sciopero che non sia dei soli proponenti ma che coinvolga nuovi soggetti singoli e collettivi che condividano l’analisi e le proposte e disponibili eventualmente ad arricchirle con proprie indicazioni.

Noi lavoriamo per costruire una nuova stagione di lotta e mobilitazione che coinvolga tutti i lavoratori, le lavoratrici, i ceti più poveri della popolazione, quanti sono impegnati nel conflitto sociale, per cambiare questo sistema e per esprimere tutto il nostro dissenso verso le politiche borghesi.

Il 27 Ottobre può essere l’occasione per unificare e rilanciare i conflitti in un percorso di costruzione di lotta di classe.

LOTTA DI CLASSE, SPECIALE SETTEMBRE 2017

E’ uscito il numero speciale di Lotta di Classe!

Speciale Settembre 2017 :
– 27 Ottobre Sciopero generale! Un importante prova di forza contro governo e padronato
– Sulla vertenza contro i licenziamenti al Cottolengo di Pisa
– Le battaglie del nostro sindacato negli ospedali del San Carlo e San Paolo di Milano
– Con il popolo Mapuche, terra e libertà!